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Come Ricominciare a Correre Dopo Tanto Tempo

Aggiornato il 8 Maggio 2025 da Alessandro Gini

Indice

  • Detraining: cosa accade davvero quando stacchi la spina
  • Prima di infilare i lacci: il check-up senza camice
  • La regola d’oro del riavvio: cammina-corri come se parlassi con un vecchio amico
  • Un piano di quattro settimane raccontato come una serie TV
  • Il mito dei +10 % alla settimana e perché non basta
  • Forza e mobilità: la palestra dietro al divano
  • Nutrire la ripresa: cucina quotidiana, non polveri miracolose
  • Sonno: il vero alleato
  • Segnali d’allarme da prendere sul serio
  • Mindset: dalla frustrazione al flusso
  • Tecnologia: usare i dati senza esserne schiavi
  • Dopo il primo mese: e adesso?
  • Conclusioni

Ti sarà successo: apri l’armadio, scovi le vecchie running impolverate, inspiri l’odore di gomma stantia e, per un istante, senti di nuovo il battito del primo 10 km di qualche anno fa. Tornare a correre dopo mesi – o anni – non è come premere “play” su una playlist interrotta: il corpo ha dimenticato, la testa tentenna, e il tempo lontano dai sentieri ha lasciato qualche traccia sui tendini. Ma niente panico. Come in un vinile, il solco c’è ancora: basta posizionare con cura la puntina.

Come Ricominciare a Correre Dopo Tanto Tempo

Detraining: cosa accade davvero quando stacchi la spina

Un’analisi del 2022 ha mostrato che l’arresto completo dell’aallenamento genera un calo di VO₂ max già nelle prime due settimane, fino al 6 %, e può arrivare intorno al 19 % dopo nove settimane. La stessa review scientifica conferma che la perdita è più marcata negli atleti ben allenati, perché “più in alto sali, più velocemente scendi”. Traduzione pratica: se il tuo passato da mezzofondista è ormai storia, aspettati qualche respiro corto in più.

Eppure il quadro non è così cupo: studi longitudinali parlano di repeated-bout effect. Dopo il primo allenamento di rientro il muscolo soffre parecchio, ma già la seconda uscita produce dolori dimezzati. Non è magia; è biologia che si riattiva.

Prima di infilare i lacci: il check-up senza camice

Lo sai? Un elettrocardiogramma sotto sforzo può sembrare eccesso di zelo, ma se hai superato la quarantina o convivivi con ipertensione, vale la mezz’ora in ambulatorio. In assenza di patologie note, bastano tre domande oneste: “Ho dolori articolari a riposo?”, “Fatico sulle scale?”, “Sto dormendo meno di sei ore per notte?”. Se due risposte su tre sono sì, pianifica una visita dal medico o da un fisioterapista sportivo. Meglio partire “lenti ma integri” che veloci verso l’ortopedico.

La regola d’oro del riavvio: cammina-corri come se parlassi con un vecchio amico

I protocolli consigliano segmenti alternati di camminata e corsa, cominciando con un rapporto 4:1 a giorni alterni e crescendo fino a trenta minuti di corsa continua in circa cinque settimane. È la versione aggiornata del metodo Jeff Galloway, ma con un twist: ascoltare il corpo più che il cronometro. Se al secondo blocco avverti fastidio al tendine d’Achille, riduci la falcata oppure chiudi lì la seduta. Il corpo non conosce orgoglio, solo carico e recupero.

Un piano di quattro settimane raccontato come una serie TV

Episodio 1: la riscoperta. Tre uscite di 25 minuti: quattro di cammino, uno di corsa, ripetuti cinque volte. Respirazione facile, chiacchierabile.
Episodio 2: il conflitto. Stesse tre uscite, ma inverti la proporzione a 3:2. Il cuore sale, la mente borbotta; tu la rassicuri con passi corti e piedi sotto il bacino.
Episodio 3: il colpo di scena. Ora due minuti di cammino, tre di corsa. A fine seduta inserisci dieci “skip” leggeri nel parcheggio, così svegli polpacci e glutei.
Finale di stagione: Corsa continua di 20-25 minuti su terreno pianeggiante. Se chiudi col sorriso – non con la lingua a penzoloni – sei pronto ad aggiungere distanza o leggere salite.

(Se una puntata risulta troppo tosta, replica quella precedente: le piattaforme streaming l’hanno insegnato, nessuno ti impone binge-watching forzato.)

Il mito dei +10 % alla settimana e perché non basta

La massima popolare recita di aumentare il chilometraggio settimanale non oltre il dieci per cento, ma la letteratura recente mostra come la prevenzione infortuni richieda ben più che un numero fisso: contano intensità, superfici, recupero e storia atletica. Usa il 10 % come bussola generica, poi affina rotta con il diario di sensazioni: se la caviglia tira, lasci perdere la matematica e ti prendi un giorno in più.

Forza e mobilità: la palestra dietro al divano

Ricominciare a correre senza rafforzare le catene posteriori è come montare un motore nuovo su un telaio arrugginito. Bastano otto minuti, tre volte la settimana:

  1. Ponte glutei (30″ tenuta isometrica);
  2. Plank laterale (20″ per lato);
  3. Affondi posteriori lenti, dieci per gamba;
  4. Stacco su una gamba con bottiglia d’acqua da un litro.
    Questi gesti insegnano ai tendini a caricare gradualmente, riducendo il rischio di sindrome della bandelletta ileotibiale o periostite. Niente bilancieri cromati, solo gravità domestica.

Nutrire la ripresa: cucina quotidiana, non polveri miracolose

Dopo un allenamento di rientro, il glicogeno va ricostituito entro due ore. Un piatto di riso con legumi o una fetta di pane integrale con ricotta e miele forniscono 1-1,2 g di carboidrati per kg di peso, la quota indicata dalle linee ACSM per favorire il recupero. Se l’uscita è mattutina, aggiungi una manciata di frutta secca: proteine e omega-3 smorzano l’infiammazione dei micro-traumi. Idratazione? Mezzo litro d’acqua con un pizzico di sale grosso e succo di limone copre sodio e potassio senza passare in farmacia.

Sonno: il vero alleato

Sette-otto ore continue permettono al GH, l’ormone della crescita, di riparare fibre danneggiate. Una review del 2023 sul sonno degli atleti evidenzia che tagliare il riposo notturno a cinque ore raddoppia gli indici di infiammazione sistemica e peggiora la percezione di sforzo nella corsa del giorno seguente. Non servono studi per capire che se sbadigli in partenza, sbadigli anche all’arrivo, ma fa comodo un pizzico di scienza per convincersi a spegnere Netflix alle undici.

Segnali d’allarme da prendere sul serio

Dolore puntiforme che persiste oltre 24 ore, gonfiore localizzato o alterazione del passo sono semafori rossi. Camminare senza zoppia deve sempre essere indolore prima di tornare a correre. Ignorare la spia rischia di trasformare un tendine irritato in tendinopatia cronica. La soluzione talvolta è contro-intuitiva: un giorno di stop oggi vale tre chilometri sereni domani.

Mindset: dalla frustrazione al flusso

Uscire dopo anni e sentirsi “lenti” provoca un fastidio sottile, quasi vergogna. Eppure la neurochimica gioca a favore: correre a intensità moderata stimola endocannabinoidi che regalano euforia e analgesia leggera – il famoso runner’s high. Bastano venti minuti continui, magari sul lungofiume, perché quel mix di sicurezza e calma spazzi via paragoni col vecchio personal best. Prossima volta, il cervello chiederà la sua dose di buona fatica.

Tecnologia: usare i dati senza esserne schiavi

Un cardiofrequenzimetro al polso è come un amico sincero: non sempre dice ciò che vuoi sentire, ma raramente mente. Tieni la prima fase sotto il 75 % della FC max; se il numero sale mentre la velocità resta bassa, è segno di scarsa efficienza, non di debolezza morale. Aggiungi un accorgimento da nerd: imposta l’allarme “sovraccarico” sul 85 % di FC max; servirà a evitare sprint fuori programma quando la playlist mette la tua hit preferita.

Dopo il primo mese: e adesso?

Quando riesci a correre mezz’ora senza pause, hai ristabilito la base aerobica. Il passo successivo può essere scegliere un obiettivo: la 5 km di beneficenza in autunno, la staffetta aziendale, oppure il semplice rituale di correre all’alba ogni lunedì. Gli studi mostrano che avere un traguardo concreto aumenta del 60 % la probabilità di mantenere l’abitudine a sei mesi. Scrivilo sul calendario, condividilo con un collega, fallo diventare reale.

Conclusioni

Il primo allenamento dopo tanto tempo raramente assomiglia ai ricordi di giovinezza. Manca leggerezza, manca fiato; a volte manca persino la fiducia di farcela. Ma, passo dopo passo, il corpo ricuce la distanza con la memoria: l’appoggio diventa più silenzioso, il respiro trova un ritmo, il paesaggio smette di essere sfondo e torna protagonista.

Voltandoti indietro dopo quattro settimane vedrai due tracce parallele: una sull’asfalto e una nella testa. La prima dice quanto sei andato lontano; la seconda ricorda perché era importante partire. E, come spesso accade con le storie di ritorno, ti chiederai perché hai aspettato così a lungo prima di rimettere in moto quel vecchio vinile. Ora sai che la puntina si posa con cura, che il solco è ancora lì, e che la musica, una volta riaccesa, non ha nessuna intenzione di fermarsi di nuovo. Lace up, prendi fiato, e lascia che la strada scriva il prossimo capitolo.

Filed Under: Guide

About Alessandro Gini

Sono un runner, appassionato di trail sulle lunghe distanze.
La corsa mi ha insegnato tanto e molti di questi insegnamenti mi aiutano tutti i giorni a fronteggiare le sfide che il lavoro pone.
Ho realizzato questo sito per aiutare i principianti che si avvicinano al mondo della corsa.

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